Di ABA si parla spesso, ma pochi conoscono davvero cosa accade durante una sessione. Gli obiettivi didattici si consolidano attraverso il gioco, e così in molti credono che i bambini semplicemente “giochino” con il proprio terapista. Altri pensano sia un approccio troppo rigido, basato solo su un lavoro intensivo. In questa intervista Marica Frescurato, psicologa e analista del comportamento certificata BCBA, con 17 anni di esperienza nell’ABA, ci spiega come questo approccio, fondato su solide basi scientifiche, sia flessibile e personalizzato.
Chi è coinvolto durante le sessioni ABA?
Gli incontri con i bambini si fondano sull’analisi funzionale del comportamento, uno strumento che consente di identificare le abilità da potenziare e i comportamenti problematici da modificare. A partire dall’osservazione e dalla valutazione, si definiscono obiettivi su misura, articolati in sotto-obiettivi e tradotti in un piano di intervento personalizzato, sottoposto a costante monitoraggio e revisione in base ai progressi del bambino. Al percorso partecipano il bambino, un terapista e i genitori che possono portare avanti gli obiettivi nella vita quotidiana, mentre l’analista del comportamento supervisiona l’intervento con incontri mensili, a seconda delle necessità e dal livello di autismo. Le sessioni con il terapista, invece, si svolgono con cadenza settimanale.

Cosa avviene durante una sessione?
Gli obiettivi da raggiungere sono definiti in modo personalizzato durante l’incontro di supervisione con l’analista, poiché variano da bambino a bambino e spaziano dallo sviluppo delle autonomie personali al potenziamento della capacità di concentrazione e abilità didattiche. L’analista del comportamento redige all’inizio una prima relazione dettagliata con la lista degli obiettivi e le strategie per raggiungerli. Sarà poi compito del terapista seguire le indicazioni della relazione. I tutor segnano le prese dati durante ogni sessione, in cui gli obiettivi vengono classificati come acquisiti, consolidati o in via di acquisizione. La forza dell’approccio ABA risiede proprio in questo: i miglioramenti non sono valutati in modo soggettivo, ma documentati oggettivamente attraverso dati concreti e puntuali, che si possono confrontare e analizzare. Niente viene trascurato.
Cos’è la presa dati?
Nell’ABA, la presa dati consiste nella raccolta sistematica e continua di informazioni sui comportamenti del bambino, ed è uno strumento essenziale per monitorare i progressi e verificare l’efficacia dell’intervento, permettendo agli operatori di adattare le strategie educative in base a evidenze reali. Per esempio, se l’obiettivo è ampliare il vocabolario, si introducono via via nuove parole e si osserva la capacità del bambino di comprenderle e utilizzarle. Le attività, spesso ludiche, sono pensate per rinforzare le abilità acquisite e quelle ancora in via di acquisizione.

L’ABA è spesso criticato per la sua rigidità, è vero?
L’ABA viene talvolta percepito come un approccio rigido, ma questa è ormai una visione superata. Rispetto a trent’anni fa, ABA si è evoluto profondamente: oggi è completamente modellato sulle caratteristiche del singolo bambino. Una buona parte delle attività, direi quasi il 50%, si svolge in forma ludica, soprattutto con i più piccoli. Con bambini in età prescolare si privilegia il gioco, mentre con quelli più grandi si propongono attività diverse, cioè tutto viene svolto in linea con l’età e con gli obiettivi condivisi con la famiglia.
Raccontami nel concreto come è organizzato un intervento ABA
Ogni intervento ABA prevede una supervisione iniziale dell’analista, seguita dal lavoro settimanale del terapista, che si confronta con l’analista in caso di necessità. In alcuni casi, l’analista assume anche il ruolo di terapista, ma si tratta di eccezioni. I macro obiettivi rimangono sempre gli stessi, ma ovviamente le strategie, a seconda che funzionino o meno, vengono cambiate, adattate o modificate nel tempo in base ai progressi e ai riscontri del bambino. Ovviamente è sempre l’analista a cambiare le strategie e a supervisionare tutto, con l’aiuto settimanale del terapista.

Quali sono gli obiettivi che vi date più di frequente?
Le autonomie personali sono tra gli obiettivi più frequenti nell’intervento ABA con bambini autistici: si lavora su competenze quotidiane come allacciarsi le scarpe o affrontare situazioni sociali, come fare la spesa o andare al bar, senza manifestare comportamenti problema. Posso essere attività che vengono svolte a casa così come in contesti esterni, prima con le terapiste poi con i genitori. Per esempio andare in panificio può essere fonte di un comportamento-problema, quindi si lavorerà su quello, prima il terapista poi con il genitore. Altri obiettivi riguardano l’ambito didattico – lettura, scrittura e calcolo – o aspetti specifici come la selettività alimentare. Particolare attenzione è data anche alla gestione delle emozioni, come frustrazione e rabbia, e alla capacità di intrattenersi in modo autonomo, attraverso giochi o strumenti mirati. In presenza di difficoltà nel linguaggio orale, si ricorre a modalità alternative di comunicazione.
Quali sono?
La CAA – Comunicazione Aumentativa e Alternativa che è un insieme di strategie che aiutano o sostituiscono il linguaggio verbale, come gesti, simboli, immagini, vocalizzatori, tablet o altri supporti, e le PECS – Picture Exchange Communication System, basato sull’uso di immagini. Il bambino impara a comunicare consegnando un’immagine all’adulto per ottenere ciò che desidera. Questo approccio è molto usato nell’ABA perché favorisce l’inizio dell’interazione comunicativa anche nei bambini non verbali.
