Cosa succede nella testa di un genitore quando riceve una diagnosi di autismo per il proprio figlio? Spesso si apre un baratro fatto di pensieri pesanti, dubbi, paure. E mentre stai cercando di capire, ti trovi catapultato in un labirinto di burocrazia: moduli da compilare, certificati da inviare, visite da prenotare.
Ne abbiamo parlato con Giovanna Michelazzo, mamma di Matteo, quasi quattro anni, che ha ricevuto una prima relazione sullo spettro autistico, poi parzialmente rivista da altri specialisti.
Dopo aver ricevuto la diagnosi, hai capito bene quali erano i passi da fare?
La prima visita che abbiamo fatto è stata con la neuropsichiatria di Vicenza, è stato un colloquio conoscitivo con noi e poi con il bambino. Matteo ha sempre comunicato, poi c’è stato uno stop e lo sviluppo del linguaggio si è interrotto, ma non in maniera definitiva. Ha sempre indicato, si è sempre fatto capire, mi ha sempre chiamata in modo intenzionale. Al nido le maestre avevano iniziato a metterci dei dubbi, quindi anche su indicazione del nostro pediatra abbiamo cominciato ad indagare. Quando abbiamo ricevuto la relazione neuropsichiatrica relativa all’autismo eravamo frastornati.
Ti è stato spiegato bene cosa fare e a chi rivolgerti per attivare i servizi o le agevolazioni?
Non del tutto. La relazione era accurata nella descrizione del profilo di Matteo, parlava di funzionamento cognitivo, emotivo e sociale, ma mancavano indicazioni pratiche su cosa fare dopo. Si parlava, ad esempio, di “grave ritardo del linguaggio”, ma non è stata attivata subito la logopedia. In quel momento ti senti solo, in una bolla. Sarebbe fondamentale che chi formula una diagnosi aiutasse anche a orientarsi nel sistema dei servizi.

Hai avuto supporto da qualcuno (es. scuola, pediatra, sportelli informativi)?
Sì, dalla nostra pediatra. È stata attenta, ci ha ascoltati a lungo. Noi avevamo delle perplessità: l’ipotesi fatta nella prima diagnosi ci era sembrata affrettata e poco empatica. Matteo era stato osservato per 15 minuti, era nervoso, non era a suo agio. Io stessa ho tutte le caratteristiche di una persona con un Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività, ma non li rivedo in quella descrizione di mio figlio. La pediatra ci ha indirizzati al Presidio Riabilitativo Villa Maria, dove siamo stati accolti con attenzione.
Cosa vi hanno detto?
Meglio dire cosa non ci hanno detto. Non ci hanno confermato esplicitamente una diagnosi di autismo, ma ci hanno offerto un percorso con una terapista. Villa Maria è una struttura convenzionata con il Sistema Sanitario, quindi i servizi sono gratuiti. È stato lì che ci hanno aiutato ad avviare la pratica per il riconoscimento della disabilità ai sensi della Legge 104/1992 e a richiedere la maestra di sostegno per la scuola. Per la 104 abbiamo fatto domanda a marzo 2025 e siamo ancora in attesa.
Cosa cambieresti nel sistema?
Credo che in Regione Veneto ci siano buoni servizi e fondi disponibili, ma le tempistiche sono troppo lunghe. Con i bambini piccoli, invece, il tempo è tutto. Intervenire subito può cambiare radicalmente il percorso. Iniziare la logopedia alle elementari è tardi. Noi siamo seguiti anche da ABAut, una realtà privata che ci ha dato un supporto concreto e continuità terapeutica, fondamentale per Matteo. A prescindere dalla diagnosi, sappiamo che nostro figlio ha bisogno di aiuto, e il nostro compito è stargli accanto.
Cosa avresti voluto sapere prima?
Avrei avuto bisogno di parlare con altri genitori, confrontarmi, sentire che non siamo soli. Spesso, da una semplice chiacchierata con chi ha vissuto esperienze simili, si sciolgono tante paure. E poi avrei avuto bisogno di più sostegno pratico, anche economico. Le cure sono costose, e non tutti se le possono permettere. Anche sul piano organizzativo, a volte ci siamo sentiti sopraffatti: è un carico che pesa tanto.
